Serve un dialogo tra cittadini, esperti e decisori politici: la cultura scientifica deve diventare strumento di democrazia. Solo negli ultimi anni abbiamo cominciato a riflettere sul rapporto tra conoscenza, decisione politica e democrazia. E dobbiamo proprio alla pandemia un'accelerazione rispetto a questi temi, quando sono emerse con urgenza una serie di questioni con cui da tempo avremmo dovuto fare i conti. Oggi il sapere scientifico è concepito sempre meno come un bene pubblico. La scienza tuttavia è un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti: ogni giorno modifica profondamente il mondo in cui viviamo; ogni azione della nostra vita - il lavoro, la salute, l'alimentazione, il tempo libero - sarebbe infatti impossibile senza ricorrere ai risultati e ai prodotti della scienza e della tecnica. Il progresso scientifico è dunque un valore fondamentale, che va costantemente nutrito di cultura democratica; solo in questo modo si può innescare un circolo virtuoso, e fare della cultura scientifica uno strumento efficace per il miglioramento sociale. Perché la conoscenza, anche la conoscenza scientifica, è un bene pubblico: solo se condivisa, solo se diffusa, solo se «partecipata» può agire concretamente come motore democratico. E in questo modo, aumentando la consapevolezza dei cittadini, sarà possibile affrontare nella maniera più corretta alcune grandi e cruciali questioni etiche che ci riguardano da vicino. Come scrive nel volume Fabrizio Rufo, la conoscenza scientifica e la decisione politica sono spesso due ambiti distanti e separati, tra i quali non intercorre una relazione stabile e continua. Ed è proprio questo che bisogna realizzare: attivare un dialogo costante tra esperti, decisori politici e cittadini. È necessario quindi a questo scopo difendere e promuovere la cultura scientifica: è questa la priorità se vogliamo allargare il perimetro dei diritti di cittadinanza e garantire il funzionamento delle stesse istituzioni democratiche.