Quando nel 2011 la crisi dello spread porta alla nascita del «governo dei professori», il nuovo esecutivo con a capo Mario Monti interviene con tagli e inasprimenti della pressione fiscale. Misure che riescono a mettere sotto controllo i conti pubblici, rivelandosi però altamente impopolari. Gli esecutivi che da allora si sono succeduti alla guida del Paese, diversi per composizione e agenda politica, hanno avuto un tratto comune, quello di voler porre fine all'«austerità». E di tornare a spendere, se possibile senza alcun vincolo, distribuendo risorse prese a prestito a beneficio di famiglie e cittadini. A una sola condizione, però: che tali interventi venissero presentati sempre e in ogni caso privi di costi, come se il debito pubblico non fosse anche il debito degli italiani. Una tentazione che si è rivelata irresistibile. Un vizio bipartisan. Un collante straordinario che ha trovato tutti d'accordo. Perché servire pasti gratis, facendo passare il messaggio che a nessuno alla fine spetti saldare il conto, genera consenso e fa vincere le elezioni. Non importa se questa attitudine rappresenta una scelta miope, irresponsabile e profondamente iniqua, che peserà sul futuro delle giovani generazioni. Promettere la luna, infatti, è un modo facile per arrivare al potere. Ma la verità è che non esistono pasti gratis. E quando le illusioni svaniscono, quando gli espedienti contabili non bastano più, il rischio è che il prezzo più alto lo paghi la democrazia.