Nella grande maggioranza delle opere dedicate all'analisi del periodo compreso tra la fine degli anni Ottanta e i nostri giorni, le parole "riflusso" e "disincanto" risuonano con ossessiva ripetitività, come se in questi decenni non fosse esistita alcuna prospettiva alternativa al vigente ordine delle cose. Ciò è ancora più vero se lo sforzo è funzionale a una narrazione in cui il migliore dei mondi possibili resta quello in cui già viviamo: il capitalismo. Si tratta di una situazione paradossale, considerando che la generalizzata condizione di devastazione ambientale e impoverimento della popolazione sta alimentando una ripresa delle lotte in molte zone del pianeta. Nella realtà dei fatti, quindi, la storia appare tutt'altro che "finita". A testimoniarlo, i diversi progetti capaci di proseguire l'impegno con coerenza e coraggio: posizioni politiche demonizzate dai media e represse dallo Stato proprio perché, nella società come nelle carceri, hanno mantenuto aperta la prospettiva rivoluzionaria. A questi percorsi, valorizzandone gli aspetti problematici e vitali, "Il lavoro della talpa" è dedicato.