Per secoli siamo stati abituati a considerare la politica nel suo rapporto con la territorialità. Abbiamo imparato ad adorare, come un idolo, lo Stato-nazione. Ci siamo convinti che fosse naturale, entro un certo spazio, che degli esperti o delle maggioranze decidessero su tutto e che lo decidessero per tutti. Ma all'alba del ventunesimo secolo questo modello non funziona più: viviamo in una società multiculturale, frammentata, solcata da tensioni. Una parte crescente dei rapporti umani ed economici si svolge in una dimensione immateriale. Oggi insomma siamo chiamati a ripensare la nostra idea di organizzazione sociale: ripensare il ruolo dello Stato e, di converso, quello degli individui e delle comunità. Abbiamo bisogno di regole, certo, ma queste regole devono adattarsi alla varietà delle forme di vita che abitano il mondo. È infine giunto il tempo della panarchia?