"[. . .] anche in questa silloge, come nelle precedenti, trovano spazio l'umano, l'inumano e il disumano, della guerra - ad esempio - che fa sì che la natura stia [...] in banda al brut siùn / da la storia dal On [Crodi in ta l'arba (scuasi 'na orassion)], in margine a quel lungo e ininterrotto incubo che è la storia umana, come una ferma e icastica condanna; o della Shoah, con altro rogo che non di alberi: tal slavassòn dai secui, / froscs e froscs di umans, / e dopu mitùs a brusà / tan fogheris di rabia, e il tutto ta la plassa da la Storia (Memoria di un frosc' di arba di Auschwitz)." (Dalla Postfazione di Giuseppe Zoppelli)