Questa nuova raccolta poetica di Patrizia Villani si può idealmente leggere come un trittico dedicato al tema variegato dei luoghi e delle ombre, ma anche della gioia e della speranza. Tre sono infatti le parti che cadenzano icasticamente il libro, laddove i motivi ricorrenti - o le montaliane «occasioni» - si riversano da una sezione all'altra con la stessa eleganza e discrezione che caratterizzano l'operato della poetessa milanese. È significativo che tali epifanie siano vissute all'insegna di una flânerie di ascendenza sbarbariana, in cui anche la toponomastica ha effetti chiari e dirimenti, recuperando «dal fondo inaccessibile / una mappa fradicia». Lo stare «in disparte nel silenzio» costituisce non solo un'attendibile dichiarazione di poetica ma anche un imprescindibile «alfabeto di felicità nascosta». I frequenti riferimenti al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, così sfuggenti nella loro emblematicità, fanno di questa raccolta una sorta di inimitabile Bildungsroman teso a modulare l'apprendistato di una «vita stanca, persino quando è più felice». In tal senso la perizia metrica e stilistica che connota "Luoghi e ombre" si rapporta proficuamente a uno spettro di voci novecentesche dal tratto fortemente affabulatorio: da Machado a Reverdy, da Bonnefoy a Mario Luzi. Eppure il «grappolo di parole / che illumina forme nell'oscurità inquieta» non ha alcunché di salvifico, se non la consapevolezza di mancare al proposito di redimerci, «recitando / copioni che forse non abbiamo meritato». (p.d.p.)