Una sorta di percorso, epifanico e dialettico, volto all'ascolto di quella parte tacita ma non sempre consenziente del nostro Io interiore che assembla parole, ricordi, sensazioni e li catapulta nel vivere quotidiano nascondendo le nostre nudità emozionali a occhi indiscreti. Il poeta viaggia, con esiti ed effetti di notevole suggestione, entro uno spazio sensoriale quasi senza confini, reclamando a sé la sua cifra di dolore e meditazione e forza, di bagaglio sentimentale nel duro viaggio quotidiano, di accensioni, cadute e nuove ascese, di abissi e paradisi. E ci offre tramite la piana, e pur piena, potenza del suo versificare un'interpretazione esistenziale che ha un misterico sapore agrodolce. Invidio il vento è quasi una dichiarazione programmatica, indagine dei casi e delle cose che creiamo e in cui capitiamo, del caos in cui siamo gettati e dell'armonia che sempre tentiamo di recuperare, con la scrittura poetica quale prezioso viatico. Non basta lo spettro della razionalità per gestire le relazioni, l'eterno conflitto, fra il sublime e il terribile, che l'amore, in ogni sua declinazione, rappresenta ed è maschera, totem. Le vite degli altri ci sfiorano ogni giorno e lasciano tracce di dolore su una pelle sensibile. Voci nel dramma che ogni dì ci investe e riveste. Voci che abbiamo a un certo punto smesso di ascoltare, confinandole nella dimenticanza. Ma infine è la capacità di amare che dà un senso e ci può salvare, per sempre.