I "Quaranta sonetti" di Shakespeare nella versione di Giuseppe Ungaretti sono probabilmente la prova di traduzione più memorabile della poesia italiana del Novecento, pari solo ai Lirici greci di Salvatore Quasimodo, il cui nucleo principale - le poesie di Saffo - abbiamo recentemente pubblicato in Assonanze. Questa traduzione è memorabile per un triplice ordine di motivi: in primo luogo, ovviamente, per la magistrale assonanza che Ungaretti ha saputo creare tra i propri versi e quelli del sommo poeta, così lontano nel tempo ma non nello spirito; in secondo luogo per il magistero che ha esercitato su tutti i successivi poeti che si sono cimentati in opere di traduzione; in terzo luogo per l'importanza che questo lavoro ha avuto nell'intera parabola della poesia ungarettiana. L'edizione è arricchita dalle note lunghe, puntuali, preziose come un piccolo trattato di poetica, con cui Ungaretti ha accompagnato le successive tappe in cui l'opera è apparsa (1943-1944, 1945, 1946).