Lo scrivere poesie non è cosa semplice, scontata o banale. Bisogna trovare consonanza tra il proprio sentire e il potente strumento della parola. "Il poeta porta fuori i suoi canti e li disperde", dice Ungaretti. Così il nostro giovane poeta ha cercato innanzitutto di tirare fuori il groviglio delle sue emozioni, per chiarirle a se stesso e per fissarle nella forma immortale e consolatoria della poesia, in cui nel tempo si possono riconoscere tutti. C'è il disagio esistenziale, ci sono versi che evocano ricordi, espressi in luoghi e sensazioni, la nostalgia, la tristezza, la solitudine, la noia. E poi c'è l'amore come spinta propulsiva per andare avanti, l'amore che solo può fare uscire dalla tormenta della noia, consola "e non lo fa inutilmente". "L'immagine delle donne amate rimane a lungo nel cuore del poeta - scrive Ida Albonico nella prefazione -, che si crogiola nella contemplazione quasi foscoliana della loro bellezza e nel rimpianto nostalgico di ciò che era iniziato e il fato ha voluto che non si compisse. L'amore è illusione, la vita è disincanto amaro".