«Molti in età giovanile si danno a scrivere versi, senza seguito e con poca sostanza. Tuttavia, quando un'esercitazione poetica valida, piena di contenuti, non breve, si sia fermata, non abbia tenuto alla distanza e trovato nuovi spunti, allora può dire che l'immaginazione ha ceduto il passo alla realtà delle cose e gli interessi si sono polarizzati in direzioni dettate dalle necessità contingenti. Nel caso di Raffaele Santoro, nomade, contrastato, cimentatosi con climi, responsabilità e situazioni diversissime, si è portati ad accettare che solo la prima stagione del suo pensare e capire abbia contemplato le fasi di fragilità esistenziale, capaci di ispirare l'animo ed interpretarne la profonda incertezza.» (Dalla Postfazione di Carlo De Bac). Prefazione di Paolo Borghi.