Quella di Krynicki, uno dei massimi poeti polacchi contemporanei, nato in un lager nel 1943 e ora importante editore, è una poesia di immagini epifaniche e illuminazioni, disseminata di riferimenti e omaggi ai suoi maestri - Celan, Herbert, Kafka, Schulz -, una poesia raffinata che non dimentica la nostra realtà di "frontiere e fili spinati", impegnata nella contestazione al regime e nella denuncia del linguaggio della propaganda. Forse la poesia, si chiede Krynicki, non salva i popoli, ma deve essere voce della coscienza, lasciare tracce nella realtà, esporsi al rischio di diventare "prigioniera politica".