Anche Ricchi, come già Ungaretti, ci consegna, con questa Profezia dell'Essere, il suo "taccuino del vecchio". Del diario esso possiede, peraltro, tutti i caratteri e le cifre strutturali. Dal primo all'ultimo testo, Ricchi ha insistito su un unico motivo, girandoci intorno anche quando sembrava che mirasse ad altro, vagheggiandolo, studiandolo e sogguardandolo da piú angolature, saggiando il terreno, cingendolo d'assedio o affrontandolo di petto, con tenacia mai paga e con circospezione, mettendo in campo tutti gli strumenti custoditi nella sua specola, incluse la filosofia e la fisica, e, dove neppure queste soccorrono, le virtú teologali della fede e della speranza. Ricchi, insomma, in questa Profezia dell'Essere ha fatto della poesia, per dirla con Charles Du Bos, un'"approssimazione" al centro, al cuore del mistero." (Prefazione di Giuseppe Langella)