«La poesia è per Augusto Pivanti un'estensione dell'empatia umana e della possibilità di relazionarsi agli altri, agli eventi e alle forme del mondo. Per questo sono importanti gli incontri. Per questo è importante il "fare", per Pivanti, che è dialogare con altre opere e altri poeti mentre scrivono i loro libri, mentre stanno ancora vangando o compattando l'aiuola del loro raccolto di parole. [...] E però in tutto questo andare incontro alle voci che lo chiamano, alle persone che gli parlano e alle diverse occasioni poetiche della vita Pivanti mantiene una sua riconoscibile linea di ricerca, nella quale emerge a volte il gusto per gli accostamenti di parole inattesi, "anti-poetici", che lasciano scorrere uno humor indecifrabile e, pure su uno sfondo cupo, ha sempre qualcosa di divertito, nel senso etimologico della parola, cioè che volge altrove. E lo stesso vale per l'irrequietezza che lo porta a progettare libri-idee, che lui stesso poi internamente mina, inesausto nello scavare intorno a ciò che attraversa come lettore, sentendosi quasi in dovere di corrispondere. Un libro, questo, che è anche un po' un labirinto, e forse un test per il lettore: da dove ti riconosci, leggendo questa poesia, sapresti tornare indietro? E ti ricordi dove sei entrato?» (dalla prefazione di Gian Mario Villalta)