Nonostante Petrarca non affidasse la propria gloria alle sue opere in volgare, egli raggiunse la fama in primo luogo per quelle "rime sparse" - in volgare appunto - che sono una sorta di autobiografia spirituale del poeta e un cardine fondamentale della letteratura italiana. E, in volgare, Petrarca scrisse anche i "Trionfi", che lo impegnarono quasi trent'anni, dal 1340 al 1370, ma rimasero incompiuti. L'opera è costituita da una serie di visioni mitiche e simboliche che raffigurano sentimenti ed eventi umani innalzati a moralità universale, sulla linea dei poemi allegorico-didascalici del tempo, di cui massima espressione fu la "Commedia" di Dante. Nel loro essere rimasti incompiuti però, i "Trionfi" mostrano come il mondo degli intellettuali fosse radicalmente cambiato nel corso dei circa cinquant'anni che dividono il capolavoro dantesco dall'opera di Petrarca: cinquant'anni che avevano visto il passaggio dal Medioevo all'Umanesimo, dalle certezze tomistiche al dubbio agostiniano, dall'ideale moralizzatore alla concentrazione sull'Io e sulle sue debolezze.