Fra gli eteronomi di Pessoa, quello di Antonio Mora resta fra i meno noti e più problematici. Si tratta infatti del personaggio di cui lo scrittore portoghese si serve per fondare e insieme sondare la poetica di due dei suoi eteronomi più famosi, Alberto Caeiro e il suo discepolo Ricardo Reis. Allo stesso modo di Reis, anche Mora viene presentato come discepolo di Caeiro; ma mentre Reis - scrive Pessoa in un abbozzo di prefazione all'edizione, mai realizzata, della sua opera - "ha intensificato e reso artisticamente ortodosso il paganesimo scoperto da Caeiro", il compito di Antonio Mora "è di provare definitivamente la verità, metafisica e pratica, del paganesimo". "Il ritorno degli dèi" viene concepito da Pessoa proprio come prefazione all'opera di Alberto Caeiro e rappresenta, pur nella sua inevitabile frammentarietà, una critica feroce del cristianesimo, sulla scorta certamente della filosofia di Nietzsche, ma con l'ambizione di superarla, di andare ancora oltre quel suo sapore cristiano che non può ingannare. Del resto, il parallelismo con Nietzsche non si limita a questo; come il filosofo tedesco era morto all'interno di una clinica psichiatrica, Antonio Mora si trova internato, a causa del suo squilibrio mentale, in una casa di cura di Cascais. In un testo riportato in appendice al presente volume, Pessoa finge di incontrarlo in questa clinica, presentatogli da un certo dottor Gomes che lo guida in questa sua visita e gli spiega quell'interessantissimo caso: "Clinicamente non si discosta per nulla dal soggetto paranoico, o da quanto è noto come paranoia. Per la verità, non è semplicemente un paranoico. È pure un isterico. Ma la paranoia è alcune volte accompagnata da una psiconevrosi intermittente. Non c'è da stupirsi. Non c'è nulla di strano. Non è in questo che è originale. È nel tipo del suo delirio, nel contenuto, che sta l'interesse...". Il "delirio" di Mora ha come suo contenuto il cristianesimo, appunto, "che ha turbato e turba l'intera nostra vita" e che "ha creato in noi una mentalità da onanisti". Forse non è inopportuno ricordare che la follia - o meglio il timore della follia - era cosa ben presente nella mente di Pessoa, che arrivò a scrivere fra l'altro che "l'origine dei miei eteronomi è il tratto profondo di isteria che esiste in me. Non so se sono semplicemente isterico o se sono, più propriamente, un istero-nevrastenico". Del resto, se il pazzo è sottratto all'orizzonte logico che ci consente di riconoscerci nell'ambito di una comunità che si identifica all'interno di determinate regole (anche nel caso che le rifiuti), da un punto di vista sociologico il rifiuto del cristianesimo, e il conseguente tentativo di restaurazione del paganesimo, rappresentano una sorta di 'alienazione' culturale - "delirio sociologico" per usare la definizione di Pessoa - in quanto, come dice lo stesso Mora, l'intero "mondo moderno è nato da un movimento che il cristianesimo rappresenta" e lottare contro questo movimento significa lottare contro tutto ciò che è moderno, compresi noi stessi in quanto tali. (Paolo Collo)