Con Pena di me stesso il pur giovane (classe 1996) Paolo Pera giunge al suo quarto libro di poesia. Il quid novum del quale è una introflessione dello sguardo, soprattutto rispetto ai precedenti Pietà per l'esistente. Satire e poesie censurabili e Pierino Porcospino. Se in questi ultimi si assisteva a un severo giudizio sul mondo esistente, ora il tema si sposta, con non minore severità, sull'autore stesso e le sue «debolezze», che potranno essere inadeguatezze comportamentali o altresì azioni "colpevoli" (o ritenute tali dal poeta). In Pietà per l'esistente, rispetto al quale il presente libro va letto in continuità, l'autore stesso (Premessa) avvertiva che la sua commiserazione è «dolorosa» ma anche «acida e sprezzante». Lo sprezzo si giustifica col fatto che artefici delle proprie brutture sono gli uomini medesimi, dopo una nietzschiana "morte di Dio" che rompe gli argini di misurata saggezza e di temperato gusto estetico (come viene ribadito, in pendant, nella Premessa a questa Pena di me stesso). Ma ora l'emblema d'apertura è quello dell'asceta, dello «stilita», che afferma di non peccare e al tempo stesso di essere turbato dal silenzio di Dio sul senso delle carenze estetiche (e conseguentemente morali) del mondo d'oggi. Paolo Pera (Alba, 1996) vive a Canale e studia Filosofia all'Università di Torino. Ha pubblicato il romanzo La scuola attraverso i miei occhi (Vertigo, 2012); una rielaborazione del classico per l'infanzia di Heinrich Hoffmann (Pierino Porcospino, Gian Giacomo Della Porta Editore, 2021); due raccolte poetiche: La falce della decima musa (Achille e La Tartaruga ed., 2020) e Pietà per l'esistente (Ensemble, 2021).