Hanno una strana forza i versi di Filippo Passeo: scabri, lontani da ogni idea di musicalità e regolarità espressiva, non indulgono alle insidie della retorica di tanta (troppa) poesia urlata; né allettano il lettore con quel birignao iperletterario fatto di citazioni più o meno colte o ammiccamenti pseudo-sperimentali che ancora in certi cataloghi di poesia vengono spacciati per lo stato dell'arte. No: Passeo costruisce questa raccolta sulla base di un parlato che sa di "poesia onesta", e ci dice che, ancora, la poesia può essere una finestra sui pensieri di un uomo - se vogliamo, di un'anima, o comunque di una vita esposta alle intemperie del mondo. In versi aperti e trasparenti, il poeta mette a nudo un'intera esistenza, tanto che si sarebbe tentati di parlare di diario, andando magari alla ricerca di puntuali riferimenti biografici e soprattutto testuali.