Dopo le pagine fascinose di "Penultimi fuochi" (2011), caratterizzate "dall'incarnazione dei classici nel quotidiano", Paride Mercurio dona al lettore un'opera di straordinaria intensità in cui, come nelle tracce eliotiane che ne segnano il territorio, lo sguardo diacronico annulla ogni scansione temporale. Scrive Paolo Saporiti: "Titolo e explicit della raccolta non offrono scampo. Il punto da cui dipende il mondo e tutta la natura estolle il contingente sequenziale all'ucronico presente, ma, oggi come settecento anni or sono, solo nella poesia il tempo insieme persiste e si annulla nell'eterno. (...) In questa nuova raccolta tornano i temi e i modi che il lettore fedele aveva amato nelle precedenti: amore e morte, nebbia pioggia laghi del nord, il sud mitico e reale, la devozione per quelli del passato e sopra tutti il tempo. La musica resta inconfondibile, la scrittura essenziale come prima, la tecnica callidissima. Tuttavia il tono suona mutato. Il tempo persiste e insiste nel non permetterci di persistere (...)".