Con la silloge Diario Di-aria di Giuseppe Nigretti siamo di fronte non a una poesia che definisce, ma a una che pone domande, indica, suggerisce, individua dei grumi di significato, e lascia al lettore di scoprirne le relazioni con il sé, con il mondo, con il vivere, con l'immaginare, e lo pone nella situazione di interrogante non in quella di chi ama ricevere rassicurazioni. Una poesia dell'inquieta parola, in bilico tra la necessità, l'urgenza e l'impossibilità del dire. Dove le mendicanti parole esprimono la continua ricerca di dare senso ai vuoti, alle solitudini, all'erranza del cuore. L'amore che attraversa l'opera - nella sua ultima verità - è una delle grandi illusioni cui l'uomo soggiace, un inganno, una vera parvenza, un miraggio reale, un'ombra reale. Qui la veste ossimorica rende bene il gioco beffardo e illusorio dell'ingarbugliato dedalo della vita. Che alla fine non lascia in -chi ancora amore chiama - che macerie, fasci di scorie.