Si potrebbe parlare di poesia metafisica se non fosse per la fervida adesione a una realtà insieme materiale e spirituale che caratterizza il dettato di Massimo Morasso a partire, almeno, da La caccia spirituale (Jaca Book, 2012). Nel rimando a contrario al Rerum vulgarium fragmenta di petrarchesca memoria, questo libro prosegue lungo la linea della poesia alta di taglio dantesco-visionario che animava di già il pluripremiato L'opera in rosso - uscito in questa stessa nostra collana nel 2016 - e conferma il poeta genovese fra le figure più marcanti della sua generazione. Le cinque sezioni di cui è composta la raccolta danno corpo a un percorso articolato ma unitario, che si impone nella verticalità di una parola ricca di echi e sapienza artigianale, coltivata interiormente con pathos vibrante e radicalità di pensiero sensibile. Sulla pagina è qui in scena un continuo anelito alla conoscenza del reale, nelle forme di una calibrata e letteratissima antiretorica, che si risolve in cifra d'autenticità.