Si tratta di un "diario di versi" che si distende e si contrae, dove l'anelito per l'autenticità - scrive Renato Minore nell'introduzione - trasforma la lingua poetica in "una sorta di invisibile filo di ferro che riorganizza intorno a sé pensieri, passioni, emozioni". Il precipitare nella "gabbia" di una patologia cronica cambia tutto nella vita di Massimo Pedroni. "Ero diventato molto più attento. Anche alle piccole sfumature. Magari di una frase orecchiata casualmente, o all'osservazione di qualcosa, o qualcuno, che avevo sempre avuto sotto gli occhi ma che solo ora compiutamente 'vedevo'. Questo incremento di materiale emotivo, mi portò a 'inciampare' nella poesia. Quasi automaticamente. Con essa non si cade mai a terra. È un'inspiegabile, efficace, liturgia di pacificazione con il mondo. Tutto rimane sospeso, ma chiaro, di quella chiarezza che conduce a sciogliere i nodi dell'essenziale". Pedroni - scrive ancora Minore - è consapevole che un "verso ti da una scossa, cioè la speranza di una risposta più che la risposta stessa. E quella speranza ha il senso celato e incessante di una tensione continua, il pathos di una domanda che vuole essere essenziale".