Composto negli anni dell'emigrazione fra Praga e Parigi, "L'accalappiatopi" è l'ultimo poema di Marina Cvetaeva ispirato a un motivo del folclore, la leggenda del Pifferaio magico. Ammaliati dal suono del flauto - seduzione femminile della Musica - i topi sognano di una rivoluzione mondiale in un'India favolosa. Seguono il Pifferaio incantati da miraggi d'Oriente. Incalzante il ritmo del flauto e dell'intero poema, musica demònica che conduce alla morte non-morte nel regno della libertà. L'originale interpretazione della fiaba vuole che i topi siano salvati dall'imborghesimento e i bambini di Hameln sottratti per sempre all'orrore della ripetizione. Il loro esodo verso una terra promessa, Paradiso della Poesia, Eden e Sesamo, avviene in un tripudio di azzurro, mitico colore dell'Anima romantica. Il tema nordico del Pifferaio magico è il pretesto che Marina Cvetaeva coglie per orchestrare le aspre dissonanze di una "satira lirica" contro il filisteismo. "L'Accalappiatopi" esprime l'antinomia fondamentale della sua poetica: il conflitto tra l'Anima-Poesia e il corpo, ovvero il quotidiano, che esige dal poeta la resa assoluta. Così avvenne per Majakovskij, per Cvetaeva, Esenin, poeti "dissipati"dalla propria generazione. Lo scontro si dinamizza nel tessuto poetico, dispiegato lungo un ampio registro, che alterna toni alti e bassi, dizione biblica e modi colloquiali o gergali.