Knuts Skujenieks, il cantore talvolta ironico del baltico mondo di ieri, vive e opera a Riga. È poeta, saggista e traduttore in lettone da almeno quindici lingue straniere. Nato nel 1936 in una famiglia di intellettuali, a 26 anni fu dichiarato colpevole di attività antisovietica e condannato a sette anni di campo di lavoro. Fu la svolta esistenziale per il futuro poeta: nel deserto del gulag egli rinvenne nella lingua la sua patria e della lingua fece la propria dimora: "è un lungo cammino - ha detto - dalla protesta e dalla lotta per la sopravvivenza fino alla comprensione del mondo e alla sua accettazione". Aveva già quarantadue anni quando uscì il suo primo libro; nella prefazione si trova anche un cenno di ars poetica: "Poesia secondo me non significa paragoni particolari, ritmi particolari o particolare materiale di vita. La poesia è un particolare modo di vita, l'inclinazione a scoprire, comprendere, sentire ed esprimere, ad arrivare fino a un'altra persona. Tutto il resto sono solo finezze del mestiere".