L'Odissea di Nikos Kazantzakis, "il più lungo epos della razza bianca", come lo definì il suo autore, è la prosecuzione fantastica dell'omonimo poema omerico. Fu portato a termine dopo 13 anni e mezzo di lavoro (dal 1925 al 1938) e sette stesure autografe. Nella versione definitiva si compone di 33.333 versi (la penultima redazione contava 42.500 versi) suddivisi in 24 canti, lo stesso numero delle lettere greche e dei canti dei poemi omerici. In quest'opera dall'estensione fluviale - tre volte l'Odissea di Omero - Kazantzakis riversò tutte le sue esperienze intellettuali e spirituali, sviluppando una dottrina ascetica sincretistica, basata sui principi di diverse religioni e di grandi, utopistici ideali politici. La narrazione delle straordinarie avventure di Ulisse dopo il ritorno a Itaca celebra soprattutto la mente libera dell'uomo. Quello di Kazantzakis è anche un avatar dell'Ulisse dantesco assetato di conoscenza, oltre che un alter ego del poeta stesso, alla disperata ricerca di una nuova visione di Dio e della salvezza del mondo. Poema di grande complessità, l'Odissea è anche un'arca di Noè linguistica, in cui Kazantzakis ha imbarcato e salvato dall'estinzione migliaia di termini popolari raccolti dalla bocca di pastori, contadini, pescatori e abitanti spesso analfabeti di isole e villaggi dell'Egeo. Un patrimonio linguistico prezioso destinato a scomparire, ma che Kazantzakis ha salvato tramandandolo ai posteri.