L'autrice si interroga su sé e sugli altri sondando in primis il tempo dell'attesa, della memoria e dell'illusione. Non esprime giudizi, non disegna i contorni del peccato, della colpa o della follia, ma sottolinea la fragilità dell'esistenza, il bisogno continuo di creare universi simbolici, la ricerca spasmodica di un confine da oltrepassare... L'opera si rivela quindi un inno alla vita nel senso più ampio, un piccolo omaggio alle nostre identità.