Elegante e misterica silloge di esordio, sottesa di melanconia. Veronica Gemignani si spinge oltre la fenomenologia dei fatti e delle apparenze per approcciarsi a una realtà più profonda. I sensi si fanno viatico per inoltrarsi in questa realtà altra e la parola strumento indispensabile. Non è la natura a non avere voce, ma gli esseri umani a non avere sufficiente orecchio. Per acquisirlo e coltivarlo ci viene in soccorso la poesia che ci insegna a essere innanzitutto ascolto e solo dopo dire, a farci cavità prima che seme, sospensione prima che inspirazione/espirazione, domanda prima che risposta. Come in un dipinto impressionista le liriche si spalmano sulla tela della vita, difficile e composita ma pur sempre unica, da amare senza condizioni. L'anima della Poetessa, pronta a cogliere il minimo trasalimento della natura, quegli stessi trasalimenti oscuri già evocati da Stephane Mallarmé, compie un viaggio tutto interiore, da cui scaturiscono stati d'animo capaci di superare le tristezze e le inevitabili disillusioni. Una versificazione evocativa, lineare e moderna, che sancisce un legame intimo con il Lettore, ammaliato in una sorta di flusso di coscienza condiviso, dal ritmo incisivo, arricchita di lemmi mirati, capace di giocare con rime baciate e alternate, a dimostrare la padronanza del linguaggio poetico.