Tradurre Federico García Lorca (di seguito semplicemente Federico, per il vezzo confidenziale che hanno gli ispanisti di chiamare i loro poeti per nome) è un'impresa che fa tremare i polsi. Innanzi alla semplicità traslucida della sua lingua poetica, il traduttore si arrende. Ma non davanti all'arditezza, quasi sfrontata e violentemente proposta, delle sue immagini. E se Federico era, come era, tutto in uno (poeta, prosista, pianista, musicista, attore, traduttore, culteranista insigne), impresa assai più ardua è tradurre questo "Pianto per la morte di Ignacio Sánchez Mejías". Si tratta, probabilmente, della sua opera di maggior fama, perfettamente conclusa nella sua brevità, per via del ripetere cadenzato del verso "alle cinque della sera" nella prima parte. Era il 1935 quando Federico diede alle stampe questo testo essenziale, l'anno che precedette la sua tragica morte per fucilazione di mano franchista e il vilipendio del suo cadavere, che non fu mai più ritrovato (l'ultimo sberleffo del Granadino).