Garbin entra nel panorama della poesia italiana con voce già originale. Su una dote narrativa innesta la tensione del verso, il magnetismo di una propria metrica e un complesso universo immaginativo. Capace di tessere un epos familiare insolito, tocca con mano sicura la materia perturbante della morte, costruisce un solido sistema di riferimenti, attingendo con spregiudicata libertà al folklore e al fiabesco. Disegnando una topografia dell'abbandono, che dalle valli del Piemonte e del Veneto arriva a Milano, custodisce il segreto remoto delle anguane, donne con la pelle di serpente, ma anche la traccia ormai quasi inconoscibile delle ragazze cadute sul fondo di un lago, di quelle scolpite sulle tombe del cimitero monumentale, e di quelle che oggi prendono la parola dall'inascoltato margine della giovinezza. Tutti sono chiamati per nome, i perduti eroi e antieroi. Molte creature si trasformano, l'autrice stessa ha scritto questo libro con la forza della metamorfosi: qualcosa di rapace in lei preda il reale per farne visione. In questo esordio si nasconde una forte dimensione politica: il Male minore è la malattia della mente, materia oscura che trascina sul fondo la forza vitale.