Al dirompente e splendido dispiegarsi della civiltà cortese si accompagna nel XII secolo un revival delle tematiche ascetiche, del comptentus mundi, dell'immaginifica e macabra cultura dell'inferno e del Purgatorio. I Vers de la mort del monaco cistercense Hélinant de Froidmont, scritti nel 1194-97, si collocano con estrema originalità nel solco di questa tradizione. Hélinant non insiste sui temi della dissoluzione del corpo o sul sadismo infernale, ma fa leva sul "personaggio" Morte e sulla sua onnipotenza, alternando toni lirici ed espressioni proverbiali, affettuosa colloquialità e ironia grottesca. La Morte diventa un sovrano assoluto, un cavaliere assetato di duelli, un furfante che bara al gioco, un cacciatore feroce, un avvocato incontentabile, un barbiere per tutte le gole - in un rutilare di immagini e metafore, in uno stile martellante, visionario, allucinato, che fanno di questo testo forse il capolavoro della poesia religiosa dell'epoca.