«Fabio Franzin, senza ombra di dubbio, è voce europea tra le più straordinarie della poesia contemporanea, punta di diamante di una generazione nostrana incredibilmente tenuta in ombra (l'autore è nato nel 1963), tenuta in disparte o non valutata da una appropriata luce critica. La sua scrittura dell'ultimo quindicennio, da quell'autentico choc semantico rappresentato da un libro unico quale è "Fabrica" (Atelier, 2009), passando per "Co'e man monche" (Le Voci della Luna, 2011), quindi "Canti dell'offesa" (Il Vicolo, 2011), "Sesti / Gesti" (puntoacapo 2015) e "Erba e aria" (Vydia, 2017) si è fatta carico di testimoniare tutto il peso, tutta la violenza, tutta la furia devastatrice di un'epoca sacrificale marcata a sangue da una profonda crisi economica, sociale, antropologica e morale: i suoi libri, più e meglio di altri, sono il luogo di ospitalità della totale trasfigurazione della realtà linguistica (il dialetto veneto che si trasforma dialettizzando termini italiani e lemmi del mondo delle merci e della tecnologia)» (Dalla prefazione di Manuel Cohen).