L'ultima raccolta di Franco Buffoni (considerato fra i maggiori poeti italiani della sua generazione) nasce da uno spaesamento geografico e antropologico, lo spaesamento con cui questo "vecchio longobardo assente" narra la sua scoperta di Roma. Al pari di Penna, sceso dal cuore dell'Umbria, al pari di Pasolini, calato da Bologna e dal Friuli, lo scrittore racconta del trapianto in una capitale insieme classica e levantina, pagana e islamizzata, cristiana e consumista. Proprio seguendo quei suoi due dioscuri, egli dedicherà alla Città Eterna pagine che spaziano dall'epica sportiva allo sfruttamento lavorativo, dalla rivendicazione dell'amore omosessuale alla meditazione artistica (come nel bel capitolo sulla pittura caravaggesca).