Questo libro celebra i dieci anni dalla scomparsa di Florio Londi. Si tratta di un'antologia di liriche inedite scritte nei primi anni cinquanta: due quaderni scolastici a copertina nera dove le poesie furono ordinate secondo il metro, la maggior parte sonetti, ma anche quartine, ottave, endecasillabi sciolti. La stesura lascia trasparire un assiduo lavoro di lima prima della trascrizione da fogli occasionali. Il titolo, La vergine rima, è tratto da una delle ultime liriche del primo quaderno. L'aspetto che più colpisce è l'originalità della lingua, quella lingua rusticale parlata che il poeta maneggia con rara maestria, che è la stessa della scritta, senza nessuna attenzione alla grammatica e alla sintassi, che non esiste nel linguaggio quotidiano. In appendice, brani di una serata estemporanea mai prima pubblicati, fra cui un contrasto improvvisato con Roberto Benigni che un appassionato aveva registrato in quel lontano 1983 ed oggi autorizza a pubblicare.