"...le poesie di Donadio non vanno spiegate, ma vanno bevute, assaporate, digerite, vissute, condivise, perché hanno un linguaggio ben diverso e ben più ricco di quello utilizzato da autori contemporanei famosi e celebrati anche al di là dei loro stessi meriti. (...) Del resto, per come ho già avuto modo di asserire in altre occasioni, la poesia non è per lui un incontro occasionale, ma un'intima necessità di esprimersi, un'incomprimibile passione che lo anima da sempre, una vivacità di ricerca, un fiorire di domande, una chiara vocazione all'introspezione. Donadio non vive di solo pane ma anche di parole che suscitano emozioni, di affetti, di bellezza, di spiritualità. (...) E la natura del poeta Donadio è appunto nell'istintivo bisogno di trasformare il contenuto primordiale della sua vita o della vita degli altri (o quel che vi pare) in immagini poetiche; e ciò avviene per un atto puramente istintivo e irriflesso, che è la legge spontanea e fatale del suo cervello, senza che egli possa nulla. Per me, la sua poeticità è tutta nell'atto e per nulla nella volontà e nella coscienza. Per tale ragione ho sempre creduto che nessuna critica su un poeta possa valere un solo verso bello di quel poeta". (dalla Prefazione di Francesco Fucile)