Eh già! certamente conio di Gaio Fratini o di Ennio Flaiano il neologismo deni-gramma, unione di deni (da denigrazione) e gramma (scritto), con rinvio esplicito a epi-gramma (scritto epi: sopra). Un tempo iscrizione funeraria o commemorativa, l'epigramma ha una lunga (duemila anni) e gloriosa (da Meleagro a Callimaco, da Asclepiade a Teocrito, da Leonida a Marziale, da Edgar Lee Masters a Franco Fortini a Pier Paolo Pasolini) storia dietro le spalle. Donato ha fatta sua la parola, le ha lavorato intorno, dentro, in tondo, nei sobborghi, negli anfratti, nel senso. Costruendo un incalzante diario aforistico, denso, frastagliato, duro e forsennato, ilare e disperato, un memorandum e un ultimatum. Del tutto impossibile, a meno di una continua pedissequa citazione dei testi, un commento che abbia significato critico, di esegesi cogente, è legittima al contrario la lettura lineare, secondo lo sviluppo per 'parti', cinque, sostenute da logica e immaginazione, forma e contenuto, dualità o dicotomia scolastica ritengo tuttora valida. Il mondo di parole, e di sogni, di cui è fatto il libro, è insieme lirico e 'distopico', illuminato conservatore e dissennato incendiario, di sereno distacco e rabbia serena, mescolando nostalgie e delusioni, rinunce e coraggio. (Dalla prefazione di Antonio Carlo Ponti)