«Più mi addentravo nella comprensione di questa volontà di dire, in una lingua straniera che però è diventata la lingua prescelta, la lingua della propria voce, più mi tornava alla mente, con tutte le differenze del caso - l'ambiente, la formazione - quella che potrebbe sembrare certa goffaggine linguistica (l'ingenuità come la definisce Dan), ma è libertà di usare la lingua attenendosi a un vocabolario tutto privato con squisiti esiti poetici, di Amelia Rosselli. Ritrovo qui una stessa volontà quasi infantile, innocente e prepotente a un tempo, di dire e di farsi capire con i soli propri mezzi, la sicurezza per il risultato a cui apporre la propria firma, l'autoironia infine.» (dall'introduzione di Piera Mattei)