In questo contesto temporale in cui la fragile e predominante società occidentale riesce a fare affidamento solo su ciò che vacuamente appare perfetto, nascondendo l'orrore della perdita del senso profondo della vita, la poesia appare come un papavero vivo che spunta nel cemento. I poeti, oggi, sono coloro che resistono e che, resistendo, restituiscono a noi verità e bellezza. Nel suo discorso in occasione del settantacinquesimo anniversario del Premio Nobel, Eugenio Montale, confermando il valore indissolubile e necessario della poesia, disse: «Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile». Dov'è la bellezza? Così lontani come siamo dall'esistere in armonia, perfetta ed imperfetta, con ciò che è natura: ombre, luci, terra, fiori, fiumi, stelle, pianeti, fuoco, silenzi, neve, bianche margherite, pioggia, rubini, frutti della stagione. Ecco cosa ci ridona, con questo testo, l'autrice Monia Costantino. Prefazione di Annamaria Lequile.