"Il dolore occidentale, il dolore più scientifico che il mondo abbia conosciuto, oggi è solo un ricordo. Chi pratica più il dolore come metodo di conoscenza? O chi riversa in forme scritte ciò che ha patito? Il dolore è tutt'uno con l'inespresso. Chi si esprime non esprime dolore, l'ha oltrepassato vilmente. Eppure ogni immagine che ci riporta alla valle di lacrime sembra suscitare un osceno desiderio. Un "Oh com'era bello soffrire!" Si prova nostalgia di quel dolore che affliggeva l'animo e in cui ci si avvolgeva come nelle fini lenzuola di una favola. Sprecato sembrava il tempo che non avesse portato alla fine un dolore. Tanto fu il costo pagato per essere desti: Una vita perduta sembrava invece custodita dal più sacro silenzio. E la poesia? Che strana faccenda! Essa sembra legata al dolore da un patto o da una colpa imperdonabile. La 'sofferenza' del poeta era il suo emblema. Tutto finito! Quel che mi avvolge in certe poesie è l'ombra o l'idea del dolore che la percorre e che, malgrado tutto, non si amalgama. Il dolore non si è interamente prosciugato nella forma e si sente ancora il suo nihil." (Manlio Sgalambro)