Khalil Gibran scriveva: «Un sospiro dal profondo dei mari dei sentimenti, una lacrima dal cielo del pensiero, un soave sorriso dal campo dell'anima». Il profeta si riferiva all'amore, ma non è forse sublime tutto ciò che ci trasporta fuori di noi, in quell'altrove immacolato, che è radice, essenza, limite e confine? Federico Cinti ci allontana dallo scontato, ci trasporta in una dimensione che dà senso al tempo, risarcisce e salva. «In alto il cielo in cui inoltrarsi liberi /Nuova realtà ineffabile, // cadere profondandosi oltre i limiti /a noi concessi, perdersi // e ritrovarsi. Placida vertigine / lassù: si fa possibile // un sogno antico, l'unico sorridere / mistico dentro l'anima» (A ferragosto). Una Silloge come Eteree metamorfosi attesta che, se c'è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, che assecondi lo smisurato desiderio dell'infinito e del vago che definiamo anima... è solo la Poesia. (dall'Introduzione di Maria Rizzi)