Nel pieno boom dell'arte prodotta dall'AI, con software come ChatGPT e Midjourney usati per replicare l'espressione umana, con "Soft science" Franny Choi segna un'inversione di tendenza: le intelligenze artificiali scrivono poesia come se fossero umane, lei scrive poesia come se fosse una macchina. Il risultato è un upgrade digitalizzato delle sperimentazioni letterarie del XXI secolo, una straniante indagine sull'interazione tra corpo, emozioni e linguaggio e un implacabile test di Turing in cui i confini fra giudicante e giudicato, biologia e tecnologia si fanno sempre più sfumati. Mimando il linguaggio di un'intelligenza artificiale che cerca di scoprire sé stessa, chiamando le macchine a dimostrare di avere una coscienza, Choi solleva il velo su un fatidico non detto: la labilità del confine tra emozioni e automatismi, tra desiderio e programmazione, tra crescita naturale ed espansione artificiale. E allora cosa separa l'umano dall'artificiale? Per rispondere a questa domanda Choi sviluppa una visionaria e fantascientifica indagine che rintraccia retaggi (o spiragli) di intimità e identità là dove non sembrerebbe possibile.