Anche qui il dettato assume tratti quasi ermetici, talvolta con un sapore sottilmente oracolare, anche qui, con una veemenza e una fedeltà al proprio linguaggio che si fa assoluta, la dialettica tra significante e significato è serrata, la lingua inciampa volutamente in sequenze di allitterazioni, in false rime, in assonanze quasi a costruire una rete linguistica, tanto vicina a quella rete di filo spinato dentro cui siamo trincerati nella nostra esistenza... «In quest'ora di sudario d'oro / a nulla serve che scriva d'ignoto / o del niente disastro nostro d'anni /se qui muore quell'oblio d'inganno / del tuo noi di già bugiarda gioia /inganno sogno di veglia ferita.» L'io, il tu, il noi, l'inganno e la gioia che si fa bugiarda e su tutto la parola, il gesto dello scrivere - che pavesianamente in fondo è anche vivere - che se non serve, è però necessario. (Dalla Prefazione di Emanuele Spano)