"La poesia di paesaggio sempre si detta da una tavolozza dei sensi: luce-colori certo, ma anche suoni, profumi, brezze-carezze. Quando il poeta è di vaglia, c'è da starne certi, la tavolozza emanerà da una qualche atlantidea regione-ragione dell'io, da una qualche liminale poesia-della-grammatica. Questo, a mio modesto avviso, il caso di Paolo Carlucci: i cui versi esatti e distillati si dipanano-divertono misteriosamente sintagmatici, intanto che, inequivocabili, scintillano da un loro peculiare paradigma".