Ascoltando, guardando, sentendo e toccando l'oceano in cui io sono immerso, ho tentato di portare a galla frammenti di roccia appartenenti alla mia caverna, a questo mio abisso: alla mia realtà. Ma, con queste insignificanti e fuggevoli parole, non è mia volontà conferire una spiegazione alla mia voce, a quest'impalpabile errante "velo", talvolta alienante. Farlo, vorrebbe dire annullarla, concederle significato e pertanto sterilizzarla. Emozionare; rianimare i sentimenti dal proprio naufragio e trascinare il lettore nei feroci "impacci" da essi derivanti; ricollocare lo stesso alla propria inconosciuta caverna, in quell'implacabile ed ineludibile gioco di traduzione, di perdita ed acquisizione, che è lo scontro ed il conflitto tra le innumerevoli realtà che abitiamo o tra le difformi ed illusorie immagini della medesima "verità". Questo, forse, il mio proposito.