In "Cena a sbafo" Charles Bukowski ci parla del suo mondo, fatto di ippodromi e di scommesse, di bar di quart'ordine e di bevute, di camere in affitto e rapporti occasionali; e lo fa con il graffiante umorismo di sempre, ipnotizzando il lettore con il ritmo dei suoi versi, con la sua ironia, costringendolo a proseguire parola dopo parola; ne esce il ritratto di un'America perduta, con i suoi emarginati cronici, i suoi vigliacchi e i suoi vinti. Ma anche, e soprattutto, Bukowski racconta di sé, delle sue sconfitte e della sua fama crescente di scrittore, che non di rado vive come una condanna. Scrivere rappresenta per lui un gesto scaramantico, l'esorcismo violento di chi non accetta di piegarsi alle logiche di un mondo che lo ha troppo a lungo escluso per poterlo sedurre adesso, da vecchio.