Nell'energia di queste densissime pagine, Franco Buffoni realizza un importante capitolo di vitale apertura e novità: nella sua opera, naturalmente, ma in genere nei percorsi della poesia d'oggi e non solo italiana. In "Betelgeuse e altre poesie scientifiche" l'autore procede infatti articolando una fitta serie di esplorazioni intellettuali e poetiche, muovendosi puntuale nel campo della scienza, nell'onda di una sua avventura del pensiero, lucidissima tanto da apparire visionaria. Eccoci passare, per esempio, dall'umano antenato più antico alla creazione dell'intelligenza artificiale. Eccoci còlti a vivere «In una bolla intergalattica / Di dimensioni pantagrueliche». Buffoni esplora questi nuovi territori del linguaggio con fermezza razionale di accenti e con una nitida asciuttezza di parola, che pure custodisce in sé l'emozione inesauribile della scoperta. Lo fa, appunto, muovendosi tra i due estremi dell'astrofisica e della microbiologia, e attingendo a un vasto repertorio di conoscenze scientifiche, i cui termini hanno spesso già in sé una vera e propria autonoma pregnanza poetica. Ma nel suo cantare - con voce che evoca Lucrezio e Leopardi - la fine dell'antropocene, l'autore chiama in causa anche il mito e la storia: da qui le sorprendenti catene di legami evocativi per cui Erbio e Disprosio - da nudi elementi della tavola periodica - trasfigurano nei santi Cosma e Damiano, in dialogo con il domatore di cavalli Castore e il pugile Polluce. Decisivo è anche l'implicito invito che il poeta rivolge al lettore di questo libro-poema: uscire dalle angustie di un io troppo volto a se stesso e di un antropomorfismo ormai incapace di far volare l'esserci. Perché si possa meglio orientare la mente verso il variabile cuore dell'universo, nelle vertigini e nel perenne incanto del suo immenso pulsare di spazio e tempo.