Dei mondi tanti dell'altrove, evocati da questi canti, sentiamo l'amore fermo, primigenio, allenato da una dedizione al bello, alla metafora misteriosa d'oracolo intrisa, così che l'ampio utero del Creato secerna e canti divaricando gambe molli e membra sparse dedite al poi. Se leggessimo d'un fiato sapremmo fare carne e tendini diVersi che inchiodano al rinascere con una tale perizia da rimanere incatenati: di fame, di spavento, di meraviglia. Ecco la maga che scompagina, lussureggia, lambisce col suo canto scritto d'altri mondi, umido il dire. La parola qui si fa torta sapidissima e delizia per i palati aperti, prospicienti appena la deriva del sapere. La spada, la rosa, l'acqua amniotica, ipnotica, ristorano con disuguaglianza sacra, risvegliando l'antico in noi. Madonna dei Gelsi, delle brocche, vestita d'organza benedice ridendo dal bosco. Un leggere che cura, cosmografico e sensuale, risintonizzando sanifica, ridà. Abbiamo noi "leggenti" la fortuna del piluccare d'uccellini vasti, dal volo finalmente femmina, fittamente dentro. D'un fiato ci facciamo grandi, svezzati dal vedere indubbio dell'autrice.