Il secondo libro di poesia di Bajani è attraversato da molti animali. Da quelli selvaggi dei documentari che ci ipnotizzano in tv, a gabbiani e storni osservati nei cieli cittadini, dal polpo di cui si è scoperto un cervello diffuso lungo il corpo fino alle mosche dipinte sugli orinatoi. Tra questi l'uomo, specie tra le specie, vorticante insieme alle altre sul pianeta; come loro cerca il contatto con la terra e come tutti non la riconosce più dopo averla violata così tanto. Ha la presunzione che la materia cerebrale gli dia diritto di dominio, e finge di ignorare quanto sia la sua condanna: «L'inserimento del cervello dentro il cranio è la vendetta più spietata: cercate invano, cercatela in eterno, una ragione a questa insensatezza». Tra felini che sbadigliano contagiando gli umani dallo schermo, camosci che incuranti delle politiche dell'epoca scavalcano i confini, all'uomo non resta che esprimere la specie a modo proprio: «È la poesia, lo strazio vocale di ogni io. Bello o brutto, è il verso che facciamo». Dunque una raccolta di poesie naturali, sempre legate a uno sguardo che può essere realistico, iperrealistico o visionario. Da queste immagini parte la scintilla per un gioco di analogie e di cortocircuiti mentali che spiazzano il lettore e lo coinvolgono emotivamente.