Le ingarrichiane (o incarrigate) sono poesiole leggermente dementi e zoppicanti, ancora oggi abbastanza diffuse nel mondo dei social. L'inventore inconsapevole fu il magistrato napoletano Ferdinando Ingarrica, che nel 1834 pubblicò le sue Cento anacreontiche, strofette di travolgente e ingenua bruttezza (La poesia è quella cosa / ch'è diversa dalla prosa / È perciò che prosa e vers / Sono generi divers), diffuse poi oralmente e ripetute con divertimento nella sua Napoli. Senza saperlo aveva fondato un genere. Qui è pubblicata integralmente l'opera demenziale di Ingarrica, e un'ampia antologia dei suoi prosecutori, Luciano Folgore e i futuristi di «Lacerba» (che chiameranno maltusiani questo tipo di versi idioti ed epigrammatici), Ettore Petrolini, Antonio Gramsci, Curzio Malaparte, Mino Maccari, fino ai tanti contemporanei cultori, tra i quali Stefano Bartezzaghi e Umberto Eco. Il curatore Stefano Tonietto ricostruisce per la prima volta la vita di Ingarrica e racconta, passo per passo, la curiosa evoluzione di questo genere poetico nascosto, scherzoso e dalla forte capacità satirica.