"Versante d'esilio", - titolo che consente varie letture, tra le quali non ne manca una evangelica - è un poemetto dialogico dove l'interlocutore del poeta - lettore o divinità che sia - ha un compito ben preciso: ascoltare e tentare di concedere all'autore l'acquisizione della consapevolezza che, se pure non è possibile conoscere e unificare tutto, si può, attraverso la poesia, non vanificare la ragione a discapito del sentimento. "La pienezza di un canto, il compimento di qualcosa di molto lontano, il non evadere il seme dell'abbandono, lento ritorno sulle acque" sono versi che ci ridonano il senso e ciò che ne deriva nella poesia, dalla poesia, recuperando la forza dell'uomo, e abbandonando quella linea di indebolimento progressivo che lo aveva portato alla deriva, per mano di alcune correnti letterarie novecentesche. Qui, siamo finalmente di fronte non più solo al poeta ospite precario ma al poeta che abita le proprie parole "come una patria, come un dono".