Nell'Unione Sovietica dei primi anni Settanta, Galina è una geologa trentenne, "figlia della propaganda", cresciuta in una famiglia influente e con un padre che è un inflessibile funzionario del regime. Dopo diverse e importanti spedizioni geologiche nel Paese, Galina è incaricata di guidare una missione di rilevamento in Siberia alla ricerca di un giacimento di ferro in vista dell'apertura di una gigantesca miniera che dovrebbe accelerare lo sviluppo industriale del Paese, nella ostinata competizione con l'Occidente. Durante un volo di rilevamento sulla taiga siberiana, a bordo di un elicottero guidato da un pilota-geologo con un'aria d'artista (e di dissidente), mentre sorvolano una striscia della foresta in teoria disabitata, vede dall'alto, in mezzo al nulla, una minuscola capanna e un orto, e quando l'indomani, a piedi, raggiungono lo stesso luogo, scoprono l'esistenza di una misteriosa famiglia, i Kol, composta dal patriarca Hugo e i suoi tre figli, Agafia, Dima e Natalia. Ma chi sono veramente? Come sono finiti in una terra così estrema e da sempre disabitata, con l'insediamento umano più vicino a quasi trecento chilometri di distanza, senza nessuna delle comodità assicurate dalla tecnologia? Nell'incontro tra i geologi e la famiglia Kol, che è anche un incredibile e imprevisto incontro tra il Diciassettesimo e il Ventesimo secolo, tra un mondo votato al progresso e un modo votato alla conservazione, ben presto esplodono le molte contraddizioni, incarnate in particolare nel disastroso progetto di una miniera che potrebbe guastare definitivamente quel tratto di natura incontaminata.