Se "la vita è altrove" è una delle costanti della letteratura del Novecento, per Göran Tunström quell'assenza e quella nostalgia non sono ineluttabili: la vita vera non ci scorre accanto, ma ci apre porte e ci dona incontri che ci consentono, almeno per un attimo, di raggiungerla, sentendone l'intensità. E così era lui: uno dei pochi abitanti della vita vera, capaci di quella frase e di quel gesto che possono dare ali a un destino. È scomparso nel febbraio 2000 a Stoccolma, come avrebbe voluto andarsene: a tavola, tra i suoi amici. Al di là del grande scrittore e dell'amico era uno di quegli uomini radiosi che riescono a trasformare la sofferenza in amore per il vivere, l'esperienza della malattia e della follia in conoscenza degli abissi umani, senza mai perdere il suo humour e la sua grazia. Uno di quei rari uomini illuminati, che sanno aprire i canali dell'anima e rivelare le cattedrali di sogni che ciascuno ha dentro. Abbiamo voluto pubblicare questo breve romanzo come omaggio alla sua memoria, perché sotto a quel "Fred Astaire delle parole" che sogna di essere il prosatore Göran Tunström a New York, sotto a quello scrittore che va in giro con la sua Frase sentendosi responsabile dell'esistenza della fantasia nel mondo, che spalanca le braccia alla vita e all'amore, c'è uno scherzoso autoritratto, e sotto al divertimento, troviamo i suoi temi più profondi e vitali.